Come preparare un Curriculum: alcuni consigli

Perchè fare un curriculum? Serve davvero nel mondo della musica?

Ebbene si, si fa fatica a crederci ma quello del musicista è un lavoro per molte persone e come in tutte le attività lavorative la tua esperienza in qualche modo ti qualifica.

Ma come deve essere redatto il curriculum di un musicista?

E’ una domanda a cui è difficile dare una risposta precisa ma per esperienza almeno “anagrafica” mi sento di dare qualche consiglio. Il primo è individuare il vostro “target” cioè le persone a cui è rivolto. Per esempio: il vostro scopo è insegnare? Bene dovete soprattutto riportare tutte le vostre esperienze di insegnamento.

Può sembrare banale e scontato ma dopo aver letto curriculum di persone che scrivono solo le proprie esperienze di studio per me è come leggere in un curriculum lavorativo “ha studiato alle elementari all’istituto X e ha frequentato il liceo all’istituto Y”. Riportarlo non è sbagliato in assoluto trattandosi di un percorso di formazione ma mancano alcuni tasselli importanti.
Nei lavori “ordinari” il curriculum studiorum è necessario perché quei titoli abilitano all’esercizio di alcune professioni e c’è una informazione importante: il voto (che vi rende almeno formalmente migliori o peggiori di altri che hanno conseguito lo stesso titolo con un voto differente).
Nel mondo della musica esistono dei titoli riconosciuti che vi abilitano all’insegnamento statale, ma per il resto il fatto che abbiate seguito seminari e frequentato lezioni private non fa di voi necessariamente né dei buoni insegnanti né dei musicisti migliori. In assenza di titoli riconosciuti dovete basarvi un po’ sul vostro istinto e sulla fama dell’insegnante. In un seminario si può apprendere qualche trucchetto e qualche nozione ma niente di più, studiare invece con un Maestro dal valore riconosciuto e per un periodo abbastanza lungo è secondo me una qualifica migliore.

Se il vostro obiettivo è invece suonare dal vivo o in studio lì la cosa si complica non poco. Oggi è davvero difficile accumulare esperienze significative per la maggior parte dei giovani perché il lavoro è diminuito tantissimo e perché è profondamente cambiato il mondo della musica. In questo caso il mio consiglio è: siate il più veri possibile.

So che anche questa può sembrare una cosa scontata ma ho letto curriculum ridicoli di persone che parlano di Tour per 2 feste di piazza alla sagra della salsiccia o scrivono “ha suonato con” come se avessero fatto un tour e magari l’artista se lo sono trovati sul palco una sera per caso oppure ci hanno suonato una cover a  distanza in un video su Facebook.  Semplicemente dite come è andata, anche una serata occasionale è una esperienza lavorativa. Vi faccio un esempio: nel mio curriculum non leggerete: ha suonato con Gianni Morandi ed Arisa, leggerete: ha suonato al concerto di Piazza Maggiore a Bologna con la band di Teo Ciavarella accompagnando per l’evento vari artisti fra cui Gianni Morandi e Arisa. E’ comunque una esperienza lavorativa importante di fronte a migliaia di persone non vedo perchè spacciarla velatamente come tour scrivendo: “ha suonato con Gianni Morandi”. Poi non abusate del termine collaborazione: una collaborazione è quando venite pagati non quando nessuno vi paga o addirittura pagate voi. Il gratis nel mondo del lavoro vi si ritorcerà contro, sappiatelo. Se poi avete pagato un professionista al limite è lui ad aver collaborato con voi non il contrario. Se non siete veri verrete scoperti e mi dispiace per voi, nell’epoca dei social verrete anche sbugiardati. Magari non pubblicamente ma nel privato (e soprattutto nell’ambiente lavorativo) tutti sapranno chi siete davvero.

Altro consiglio: cercate di essere sintetici e selettivi. Se dovessi scrivere tutte le cose che ho fatto ci vorrebbero ore solo a leggerle, ho cercato di riportare le mie esperienze più significative.

Infine: documentate, documentate, documentate. Non c’è una singola parte del mio percorso che io non possa riportare con prove fotografiche, video, interviste, articoli di giornale, copertine di dischi o altro. Conservate tutto anche quello che oggi può sembrarvi insignificante.

Ma come deve essere fatto un curriculum e soprattutto cosa scrivere se le esperienze sono limitate a causa della giovane età o anche solo per la mancanza di occasioni?

Mentire o gonfiare il curriculum non vi aiuterà. Rispettate sempre il principio della verità e soprattutto costruitevi con pazienza la stima degli addetti ai lavori, prima o poi qualcosa arriverà. Ma soprattutto NON scrivete nel curriculum: ha fatto un video che ha avuto più di tot visualizzazioni su Facebook, vi prego non fatelo, lo dico per voi.
E sugli endorsement siate generici, dite al limite che avete dei contratti di collaborazione con delle aziende (per questa cosa vi rimando al mio articolo sugli endorsement che trovate a questo link)

Buona musica a tutti

Il settore musicale ai tempi del Coronavirus

IL SETTORE MUSICALE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

E’ fuori di ogni dubbio che il settore musicale vada rivisto e non parlo dei grandi artisti che in questo momento vivono la quarantena nelle proprie lussuose residenze, ma di centinaia di migliaia di musicisti già ridotti alla fame da un settore in crisi che non gode di incentivi.

L’incentivo non ha niente a che fare con l’assistenzialismo, incentivo può essere anche un “non disincentivare” cosa che da tempo succede attraverso un sistema burocratico assurdo che fra permessi, norme antiquate   e contributi a percentuali elevatissime che gravano sui cachet senza garantire un ritorno (pochissimi raggiungono i requisiti) , di fatto ostacola il settore e favorisce il sommerso.

Ma questo non basta, è ora che siano i musicisti a cambiare atteggiamento.  Non difendo il lavoro nero nella musica ma non accetto neanche il principio che chi non ha fatto almeno 30 date in regola nel 2019 sia uno sfigato e dovrebbe fare altro (in riferimento al contributo di 600 euro erogato a Marzo).

Questo perchè si dimentica sempre l’aspetto culturale della musica che è quello che fa la differenza fra l’Italia e gli altri paesi. In Italia è professionista solo chi vive di musica e Il concetto sarebbe  formalmente corretto ma la contraddizione è proprio nella definizione, perchè in questo modo vive di musica solo un pugno di super turnisti o chi suona liscio o nelle cover bands dell’artista famoso, magari mascherandosi come lui e spesso facendo un largo uso di basi pre registrate. E quindi la parola “Musica” assume un significato molto relativo.

Mentre è uno “sfigato” magari il Jazzista che ha studiato una vita e che suona nei pubs per delle paghe da fame, costretto a rinunciare a lavorare in regola per arrivare a fine mese e ad arrotondare con l’insegnamento privato che non sempre è una scelta ma spesso una necessità.

Quello che dovrebbe cambiare è innanzitutto questo senso di “presunta superiorità” che affligge la nostra categoria.

Tu che ti senti migliore  perchè lavori con partita IVA perchè  se lavori con una cooperativa non sei un vero professionista, tu che ti senti migliore perchè suoni Jazz o una musica colta e gli altri fanno solo robaccia, tu che ti senti migliore perchè insegni nella scuola di musica e hai 100 allievi e che te ne frega del live,  tu che ti senti migliore  perchè col  tuo gruppo di cover  fai 150 date in regola all’anno suonando la musica di altri e al diavolo il “nero” (ma gli mp3 dei brani da studiare li hai scaricati da youtube, mica li hai comprati e i borderò li compili male facendo perdere diritti ai legittimi autori).  Tu che suoni nei grossi tour e che ti senti migliore perchè pensi che coveristi e jazzisti e tutti gli altri siano degli sfigati ecc…

Ma potremmo andare avanti all’infinito, basterebbe pensare alla marea di generi musicali che non trovano spazio: perchè un musicista Metal dovrebbe essere meno degno di un Jazzista o di uno che conosce a memoria tutti i pezzi della sua Tribute band ma non conosce una scala musicale?  O perchè un bravo musicista che è costretto a fare un altro lavoro dovrebbe essere meno degno di uno che a volte neanche  sa suonare ma fa “spettacolo” con le sue 10.000 basi e i suoi bei costumi colorati ed effetti speciali?

Ecco, forse questo settore migliorerebbe se per un solo istante ognuno di voi si  fermasse un attimo e la smettesse di esprimere giudizi sugli altri sentendosi migliore. Se credi davvero di essere migliore questo articolo non fa per te ovviamente, ma sappi che le tue sicurezze di oggi domani potrebbero non essere tali. Se la quarantena non ti ha insegnato neanche questo, non credo che tu sarai in grado di capire il concetto di “solidarietà” fra musicisti che è quello che potrebbe fare la differenza.

Buona musica a tutti.

I VIDEO IN “CAMERETTA”

Video in cameretta.

Lo ammetto, sono colpevole! Sono stato uno dei primi a fare un video in cameretta quando al limite esisteva Youtube e Facebook era ancora poco usato. Ma qual era il mio scopo? nel mio caso quello di spiegare uno strumento a cui ero in qualche modo legato in base ad un accordo con un Brand. Quasi tutti i miei video casalinghi hanno avuto implicitamente o esplicitamente uno scopo di promozione commerciale. Vivo da 30 anni la mia vita sui palchi e ho sinceramente poco bisogno di fare un video a casa per farmi vedere, eppure non nascondo che anche io tempo fa sono caduto nella trappola della visibilità mediatica. Scrivo questo perchè ultimamente apro Facebook e vedo le anteprime di decine e decine di video di ragazzi che suonano a casa loro, in genere su una base e a velocità assurde. Voi li guardate? io non li apro neanche più. Ho già capito che il mondo è pieno di gente sconosciuta e tecnicamente sorprendente ma tutto ciò che fanno a casa loro rimane senza senso se rimane fra le quattro mura di casa. E quello che fanno a casa potrebbe non servire nel mondo reale della musica o essere addirittura controproducente. Tornate nelle cantine e nelle sale prove ragazzi, confrontatevi con gli altri e smettetela di fare video da soli. I mi piace che riceverete alimenteranno il vostro ego ma non il vostro conto in banca e soprattutto non vi renderanno necessariamente dei musicisti migliori

vi abbraccio

DUE CONSIDERAZIONI SULLE FIERE MUSICALI

(Sul palco del Music Show di Milano con Donald Renga, Giuseppe Scarpato e Federico Baracchino)

Una settimana fa ero al Music Show di Milano come ormai mi succede da qualche anno a questa parte. Non posso fare a meno di pensare a quando da ragazzo frequentavo le fiere con la speranza di poter provare strumenti e farmi notare e a quando guardavo i vari ospiti con un misto di invidia e ammirazione.  In realtà trovarsi anni dopo dall’altra parte non è esattamente come pensavo, per un musicista le fiere sono faticose.  Lo sono fisicamente quando devi correre da uno stand all’altro se hai più esibizioni o per rispettare degli appuntamenti, e lo sono psicologicamente perché non sono certamente i posti migliori per fare musica.

Le demo sono spesso difficili per un musicista, il cui compito in questi eventi non è mostrare quanto sia (forse) bravo,  ma semplicemente far capire la qualità del prodotto che sta usando. Le condizioni acustiche non sono mai ottimali, il rumore di fondo è fortissimo,  senza contare che almeno per me suonare sulle basi mi impedisce di suonare bene, la musica ha bisogno di interplay. Per mia fortuna e anche un po’ per scelta, in questi eventi mi ritrovo spesso on stage con una band e stare sul palco è effettivamente più gratificante. La fortuna sta nell’avere dei colleghi che mi stimano e che mi invitano alle loro performance e la scelta sta nel fatto che quando posso anche io propongo un mio progetto di band. Al di là di questo mi porto a casa  molto da una fiera di settore, mi porto soprattutto delle motivazioni e delle riflessioni. Le motivazioni stanno nel verificare che la stima nei miei confronti sia immutata o addirittura aumentata. Molte persone mi fermano e mi salutano, alcuni li conosco bene, altri me li ricordo appena ma loro si ricordano di me (è colpa mia, non sono fisionomista e non ho una memoria fotografica) altri invece ci tengono a salutarmi e a conoscermi e questo avviene con semplici visitatori ma anche operatori del settore. La riflessione sta nel fatto che tutto ciò mi appare spropositato rispetto al mio reale valore. Lo dico perché spesso vedo suonare o anche semplicemente provare degli strumenti, dei ragazzi giovanissimi che davvero “spaccano” ma che non godono della dovuta attenzione. Sono tanti, tantissimi e questo mi fa sentire privilegiato da una parte e usurpatore dall’altra. Come in un mio precedente articolo a questi ragazzi suggerisco di costruirsi con pazienza la propria fama come musicisti e di non pretendere tutto troppo in fretta. Se vogliono poi lavorare anche nelle fiere di settore ne devono prima capire i meccanismi e soprattutto accettare che al centro dell’attenzione ci deve essere il marchio che rappresentano e non loro stessi, soprattutto se non sono musicisti di fama. Le fiere musicali non sono il posto ideale per far musica ma sono importanti per la musica e per tutte le persone che ci girano intorno. Da musicista due tre fiere all’anno non mi cambierebbero la vita, ma per le aziende che producono gli strumenti che suoniamo,  questi eventi sono importanti e anche se a volte non “perfetti”, bisogna apprezzare lo sforzo di chi ancora si sbatte per organizzarle. Per quanto riguarda me, anche quest’anno sono tornato a casa contento. Mi sono portato dietro un bel po’ di stanchezza ma anche di energia positiva, la stima dei marchi che mi supportano (Gallistrings , Grbass, Miguel di Carlo),  la bravura dei musicisti con cui ho suonato (il bravissimo Giuseppe Scarpato che mi invita sempre, Federico Baracchino e Donald Renga), nuovi amici (la bravissima chitarrista Simona Malandrino e tutto lo staff di Dophix, una ditta che produce pedali artigianali a Firenze con una grandissima qualità). E quest’anno a casa mi sono anche portato un bel pedale rosso fuoco di Dophix, un overdrive fighissimo in edizione limitata di cui io possiedo ora il numero 3 di soli tre esemplari al mondo. Ecco, oggi è domenica, inserisco l’overdrive, alzo il volume e vi saluto.


(la consegna del mio nuovo overdrive Purgatorio Lussuria Limited Edition by Dophix© )

LE OPPORTUNITA’ DEL WEB

Partiamo da un presupposto, io sono un musicista all’antica, mi sono formato nelle sale prove quando non esistevano i telefoni cellulari figuriamoci gli Smartphones, e l’unico modo per comunicare al pubblico ciò che sapevi fare era stare su un palco. Nonostante ciò io credo che il Web sia una grandissima opportunità per molti giovani musicisti che vogliano promuoversi (la scoperta dell’acqua calda direte, ma siate pazienti). Il vero problema è che il web non è la vita reale (altra bella scoperta) e le vostre migliaia visualizzazioni o i “mi piace” nel 99,99999% dei casi non vi porteranno, né fama, né soldi. Non ho visto nessun padrone di gattini arricchirsi perchè i suoi video hanno avuto magari 1000.000.000 di visualizzazioni su Facebook e non ci riuscirete neanche voi mentre fate assoli a 280 bpm nel vostro soggiorno, anche perchè troverete presto uno che lo stesso assolo arriva a farlo a 290 bpm. Tuttavia non c’è niente di male a riprendersi e a condividere le proprie abilità, ma ciò che è importante è individuare lo scopo, prefissarsi un obiettivo e raggiungerlo. Se il vostro obiettivo è guadagnare dai video, allora dovete conoscere i meccanismi che vi portino a capitalizzare le visualizzazioni e lavorare in quella direzione, e questo farà di voi dei bravi Youtuber. Vedo spesso dei video fatti da strumentisti, ben realizzati e con delle idee simpatiche che portano anche a milioni di visualizzazioni su youtube (mentre quelle su Facebook valgono come i soldi a Monopoli, frase non mia ma che mi piace ripetere sempre). Vi riconoscete in questo profilo o è questo il vostro obiettivo? Bene, forse avrete anche una certa fama sul web ma difficilmente calcherete un palco vero. Sul palco non si torna indietro, non esistono il secondo tentativo, né l’editing per correggere gli errori  o la postproduzione di riprese fatte da più angolazioni. E mi dispiace per voi, le probabilità che un gruppo o un artista vi chiamino per quello che avete realizzato nel vostro soggiorno sono davvero scarse. Avete fatto una scelta e quindi a quel punto continuate a lavorare in quella direzione. Se il vostro obiettivo è invece farvi conoscere ed apprezzare come musicisti usando il web allora dovete essere il più veri possibile, quindi lavorate più sulla sostanza che non sulla forma. I vostri video saranno meno interessanti per milioni di bimbiminkia (scusate non trovavo una parola più adatta) ma più interessanti per i musicisti e gli addetti ai lavori che forse andranno fino in fondo al vostro video e non si fermeranno a 10 secondi di visualizzazione. E’ chiaro che i contenuti devono essere proposti in modo chiaro ed apprezzabile, per cui la qualità audio è importante e limitate al massimo l’editing, perchè gli esperti se ne accorgono se siete veri o costruiti. Se lavorerete in quella direzione sarà solo perchè da quella cameretta volete uscire per andare sul palco. E quindi anche un po’ di forma sarà necessaria almeno nell’immagine, cercate di curarla come se foste ad un provino. Una volta arrivati nel mondo reale però vedrete che le cose sono diverse per una ragione molto semplice: in quella stanza eravate da soli ora dovrete confrontarvi con altri musicisti, ognuno dei quali vi porterà in un mondo diverso da quello che vi eravate prefissato suonando da soli o su una base. Suonare con gli altri per diventare musicista è fondamentale. Da ragazzo cercavo di suonare con quelli più bravi perchè è da loro che avevo da imparare anche se alcuni a volte erano piuttosto duri con me. Essere sotto pressione forma quel carattere necessario per affrontare il palco e la vostra videocamera che era la vostra migliore amica a casa, non sarà lì ad aiutarvi quando qualcuno vi metterà sotto pressione. Ho conosciuto alcuni ragazzi contenti di vivere la musica fra le mura di casa sotto l’occhio di una videocamera. Si lamentano che si suona poco e male, che dal vivo non riescono ad apprezzare il suono di quello che fanno e che sono sempre in conflitto o in disaccordo con gli altri. Bene, questo è il mondo reale, se abbandonerete la partita perderete il premio finale e qualcun altro vincerà al vostro posto. E il premio, per quel che mi riguarda è molto alto…perchè se anche un bravo youtuber guadagnerà molto più di voi stando comodamente a casa, non potrà capire cosa significa ricevere un vero complimento a fine serata, il sorriso di una persona o anche i suoi occhi lucidi se l ‘avrete fatta emozionare, non proverà il piacere incommensurabile di guardare le persone negli occhi mentre suona, o la sensazione unica di calcare un palco. E se sarete bravi e anche un po’ fortunati (perchè, diciamolo, un pizzico di fortuna ci vuole a volte) calcherete un giorno palchi importanti e anche una sola data o un solo concerto di quel tipo varrà per voi più di un milione di visualizzazioni su youtube.

 

ENDORSEMENT FRA MITO E LEGGENDA

 UN PO’ DI CHIAREZZA

In tanti anni di attività come musicista, ho collaborato con diverse aziende produttrici di strumenti e ho riscontrato una grande confusione sull’argomento “endorsement” da parte di molti giovani musicisti ma non solo. La parola “endorsement” nell’immaginario di un ragazzo alle prime armi, risuona come un obiettivo, come il raggiungimento di uno status importante. Mi dispiace deludervi, ma fare l’endorser non è un lavoro, nessuno ti paga perchè fai l’endorser al limite ti pagano perchè sei un musicista ed essere un buon musicista è l’unico l’obiettivo da raggiungere. Tuttavia sono stato ragazzo anche io e non nascondo che avere l’attenzione di una azienda e uno strumento “gratis” era uno dei miei sogni e mai all’epoca avrei pensato che un giorno sarei anche arrivato a rifiutare degli strumenti in regalo (cosa che è successa più di una volta, sebbene io non mi reputi degno di tanta attenzione) . Ho commesso degli errori certo, e sulla base di questi errori mi sento di poter dare dei consigli riportando un piccolo Vademecum per chi muove i primi passi in questo settore.

Quale fra queste, è la motivazione che vi spinge a cercare un endorsement?

1) Voglio lo strumento gratis o in comodato qualsiasi esso sia pur di comparire sul sito di un produttore e vantarmi di essere endorser

Pessimo approccio, avete frainteso il vostro ruolo di musicista. Come vi ho detto prima, nessuno vi pagherà per quello oltre al fatto che la vostra credibilità dipenderà dal vostro suono. Nel mondo della musica ci sono degli standard lavorativi anche nella strumentazione e rischiate di compromettervi con un marchio non all’altezza che magari non piace agli addetti ai lavori. In questo caso il vincolo di un endorsement può rivelarsi una vera e propria trappola. Vi possono anche regalare uno strumento ma poi le ditte si aspettano che lo usiate e vorranno qualcosa in cambio soprattutto se non siete dei musicisti affermati. Quindi occhio a dare l’esclusiva al marchio che sponsorizzate. Nel caso del comodato valutate se vi è davvero utile, perchè alla ditta resta la pubblicità che voi fate con il vostro lavoro ma a voi cosa resta? Non dico che sia sempre sbagliato anzi, il comodato può essere appunto comodo in alcune situazioni, per esempio in un tour quando avete tutta la strumentazione bloccata in un camion del service, ma è una cosa da valutare caso per caso. Se avete un buon rapporto col produttore un comodato vi può garantire assistenza continua e sostituzione dei prodotti e potrebbe essere anche la soluzione migliore. Voi vi sentirete supportati e il produttore sarà rassicurato dal fatto che non venderete la merce alle sue spalle. 

2) Voglio lo strumento gratis o a prezzo di favore ma quel prodotto per me rappresenta il mio suono o parte importante del mio suono

E’ sicuramente un approccio migliore ma deve essere il produttore a decidere se sei all’altezza. Nel caso sia davvero il tuo suono, se non si arriva a un accordo o se la ditta non ti reputa interessante, lo strumento te lo paghi e lo suoni lo stesso. Cerca di crescere da solo e riproponiti quando avrai più carte da giocarti e se ci saprai fare sarà poi quel produttore a cercarti in futuro. Occhio alle ditte che si propongono a voi quando non siete dei musicisti affermati, soprattutto se vi propongono un prezzo di favore (Artist Price). Spesso questi atteggiamenti nascondono delle vendite dirette camuffate e vi ritroverete “endorser” insieme a decine e decine di ingenui come voi. Valutate sempre bene la serietà di un marchio e dei suoi artisti , cercate di capire se è un marchio noto, se è presente su palchi importanti e se ce l’hanno musicisti conosciuti. Se avete tempo navigate anche nei forum e cercate di capire come sono percepiti dalla comunità dei musicisti.

Se vi chiedono di pagare uno strumento valutate se si tratta di un vero “artist price” o se è una cosa che fanno con tutti. Normalmente marchi seri hanno distribuzioni capillari e non gestiscono direttamente gli endorsers se non raramente. Valutare è la soluzione migliore, prendetevi il vostro tempo

3) C’è un marchio nuovo che mi piace molto e vorrei crescere con lui

Si tratta di un buon approccio secondo me il migliore.

Il presupposto è che il prodotto  vi piaccia davvero, meglio se lo avete già acquistato o almeno  usato, questo vi pone in una situazione di vantaggio perchè di fatto non state elemosinando niente. Poi la stima e la voglia di crescere insieme devono essere reciproche. Non vi aspettate troppo l’uno dall’altro, non pretendete solo, dovete anche imparare a dare. E’ il percorso più vero e più bello, io ho aiutato delle ditte a crescere e loro hanno contribuito a far crescere la mia immagine e mi hanno dato molto supporto.

4) Sono un musicista di fama mondiale e voglio usare i marchi più noti ed essere pagato profumatamente per quello

Che dire, beato te, ma questa guida è per i comuni mortali quindi fuori dal mio Blog. Leggo poi spesso frasi del tipo: “Suona quegli strumenti solo perchè lo pagano” riferita a musicisti sicuramente apprezzati ma con una fama limitata. Coloro che pensano che le ditte paghino profumatamente i musicisti per suonare i loro strumenti, non hanno le idee chiare su come funziona davvero e parlano solo per sentito dire. E il sentito dire deriva spesso da racconti poco veritieri e poco onesti di alcuni musicisti che dicono di esser pagati per suonare quei marchi quando in realtà la loro strumentazione l’hanno spesso pagata e sono loro che pagherebbero per non essere tolti dalla pagina degli endorser del produttore.

Alcune piccole raccomandazioni finali per coloro che riusciranno ad intraprendere rapporti di collaborazione: non cambiate troppo spesso marchio, questo vi farà apparire come dei mercenari poco attenti al suono che si concedono solo in cambio di visibilità e/o strumentazione gratis. In tanti anni vi potrà capitare di legarvi a più marchi per lo stesso tipo di prodotto/strumento ma il cambio deve essere motivato da un bisogno di crescita o da una esigenza sonora. E l’esigenza sonora dovrete giustificarla: se il vostro suono peggiorerà non ci avrete fatto una bella figura anche se siete passati a un marchio più noto sul mercato.

 

Non denigrate mai i marchi con cui avete lavorato in passato, non dareste una bella immagine di voi. E quando parlate del marchio con cui collaborate, siate obiettivi e credibili. “E’ il basso, l’ampli o la chitarra più bella del mondo e non esiste niente di meglio” è una frase che vi si ritorcerà contro se cambierete sponsor. 

Motivate sempre le vostre scelte e fatelo in modo chiaro, ci sono tanti ottimi strumenti in giro e denigrare i marchi concorrenti è una cosa scorretta assolutamente da evitare. Motivando la vostra scelta attirerete verso il marchio da voi preferito i vostri estimatori o quelli che si ritrovano nella vostra filosofia sonora, che è solo una delle filosofie possibili e il fatto che sia giusta per voi non vuol dire lo sia per tutti. Non tempestate le ditte di mail inutili e preconfezionate che mandate poi a tutti nella ricerca disperata di un endorsement. Chi legge queste mail ne riceve decine se non centinaia ogni giorno e sa se state bluffando, soprattutto se non date riferimenti specifici che dimostrino che conoscete e amate davvero quel prodotto. E cercate di essere appetibili aspettando il momento giusto per proporvi, suonare anche 30 giorni al mese ma alla sagra della salsiccia e nelle feste private non è quello che le ditte cercano in un musicista. Se non avete un minimo di curriculum serio e documentato )evitate di sprecare il vostro tempo e quello degli altri.

(P.S: i playback , le jam e le foto ai seminari a cui avete partecipato con musicisti famosi e i video in cameretta anche se pieni di visualizzazioni NON sono curriculum)

La mia raccomandazione finale è di suonare solo gli strumenti che vi piacciono, il vostro suono è un prolungamento della vostra anima di musicista e non potete comprometterlo solo per vantarvi di essere endorser. Vi garantisco che farvi comprare in cambio di un po’ di strumentazione in regalo o in comodato non  è una buona idea, perchè avrete ceduto   la vostra anima di musicista e spesso lo avrete fatto per pochi euro di componenti elettronici o di liuteria a basso costo. Ne vale davvero la pena?

 Buona Musica a tutti.

 

 

PROFESSIONE MUSICISTA: ESSERE SE STESSI

L’altro giorno mentre ascoltavo in macchina un brano a cavallo fra il funk e il jazz, un amico (e stimato musicista) mi ha detto con tono scherzoso: “Ma perchè ascolti del Jazz se suoni sempre e solo del Rock?” La cosa mi ha fatto sorridere ma anche riflettere su un passato fatto di esperienze inaspettate.

Ho iniziato ad amare il basso elettrico ascoltando Jaco Pastorius e Marcus Miller, sebbene il mio primo approccio con lo strumento sia stato con brani e generi più alla mia portata. Da ragazzo suonando del Jazz o della Fusion mi dicevano che avevo un bel tiro “rock” anche se per loro non ero molto in stile. Per me non era affatto un complimento, lo vivevo come una mia incapacità di calarmi completamente in un genere che volevo suonare. Anni dopo mi sono trovato nella situazione opposta, per alcuni ero troppo “Jazz” per essere un vero bassista rock. In realtà non ero nè l’uno nè l’altro, sapevo dentro di me di essere più un bassista Soul/Funk ma ormai provavo un tale senso di insicurezza e inadeguatezza che non ero più sicuro neanche di quello.

Fu una semplice frase di Pee Wee Ellis a sbloccarmi (sassofonista di James Brown e coautore di Cold Sweat, I Feel good nonchè autore di The Chicken, il brano reso famoso da Pastorius e un po’ l’inno dei bassisti amanti di un certo genere).  Durante le prove, ogni tanto lui mi guardava con una espressione incomprensibile e ogni due secondi lo immaginavo dirmi: “Così non va bene, suona più appoggiato, fai meno note ecc…” Alla fine della prova invece mi sorrise e si complimentò  cosa che fece  in almeno un altro paio di occasioni durante il breve tour con lui.

Non siamo mai veramente inadeguati, sono spesso gli altri che ci fanno sentire così. Personalmente per la mia  indiscussa bontà d’animo e scarsa predisposizione a tirarmela,  sono stato spesso oggetto di consigli non richiesti e a volte inutili da parte di alcuni colleghi ai quali avrei potuto anche insegnare molto, ma non è mia abitudine dare consigli non richiesti. Tuttavia ho fatto tesoro dei consigli di tutti e mi sono solo di recente liberato di quel senso di inadeguatezza che mi portavo dietro da sempre arrivando a togliermi delle grandi soddisfazioni proprio in quelle cose in cui mi sentivo inadeguato. E ringrazio tutti quelli che in buona fede (alcuni) o che in malafede (altri, giusto per fare un po’ i “grandi”  pur sapendo di non essere affatto migliori di me) mi hanno riempito di consigli. Ho imparato tanto e ho capito che tipo di musicista sono e soprattutto ho imparato che ho dei limiti, che difficilmente si puó eccellere in tutto, ma che essere versatili e aperti mentalmente non è mai un limite ma un valore aggiunto. E alla fine di questo percorso ho capito l’importanza di essere il più personale possibile, di non aver paura di osare, di mettersi sempre al servizio della musica ma con il proprio modo e il proprio gusto personale, che piaccia o meno. E che nelle contaminazioni non c’è niente di male.  Ho capito soprattutto di essere Giorgio Santisi, e non quello che “ha suonato con” o “il bassista di”, un artigiano piuttosto che un operaio della musica.  E questo al di là delle belle collaborazioni che comunque ho avuto negli anni con alcuni artisti. Buona musica a tutti

 

LA MUSICA E’ FINITA…OPPURE NO

Qualche tempo fa ho fatto due chiacchiere con un turnista piuttosto affermato con il quale una sera mi sono trovato a condividere il palco e lui mi ha raccontato un episodio.

Mi ha raccontato di quando lui circa 15 anni fa si trovava in tour all’estero con una cantante piuttosto famosa e di quando, mentre lui e i suoi colleghi viaggiavano in una macchina molto lussuosa in direzione dell’Hotel di lusso a 5 stelle serviti e riveriti come delle Stars e pagati cifre oggi inimmaginabili, il batterista (famoso turnista anche lui) improvvisamente esclamò: “La musica è finita”.

I suoi colleghi risero di gusto pensando ad una battuta ma lui non stava scherzando, da lì a poco il Music Business si sarebbe profondamente modificato causando un crollo (almeno a livello italiano) della qualità delle produzioni e delle proposte artistiche e anche l’indotto musicale per i musicisti tutti sarebbe calato vertiginosamente. Personalmente non mi piace ciò che sento in radio, brani tutti uguali e “artisti” che durano una stagione. La musica che sento oggi non ha “dettagli”. Potete dirmi che sono antico e nostalgico e probabilmente avete ragione, ma il dettaglio è ciò che differenzia una produzione curata da una Low Cost (e probabilmente Low Quality). Ogni tanto per ricordarmi di questa cosa, ascolto The Nightfly di Donald Fagen che io considero fra i dischi immortali e la cui qualità e quantità di dettagli è così elevata che, anche dopo moltissimi ascolti, scopro qualcosa di nuovo. Ma il fatto che oggi non senta in radio qualcosa del genere non è del tutto indicativo. La musica che ci somministrano via radio è solo una parte piccolissima di ciò che c’è in giro e in molti casi la parte peggiore. Ho scoperto tanta musica buona grazie ai concerti Live e ho acquistato alcuni dischi di artisti tutt’altro che mainstream e che mai sentirò in radio. Così come dal vivo ho scoperto dei musicisti fantastici che per l’italiano medio sono visti come delle nullità solo perchè non suonano o non hanno suonato con “Tizio” o “Caio”. Per noi musicisti, il live è una grande occasione per fare “Resistenza” sul territorio, per dimostrare che la musica buona esiste ancora e sta a noi portarla in giro nonostante le difficoltà. Ognuno di noi può dare il suo piccolo contributo per far cambiare le cose e deve farlo sapendo che il nemico è più forte (se no non si chiamerebbe Resistenza). E può farlo solo lavorando sulla qualità di ciò che propone sia come musicista che eventualmente come autore e/o arrangiatore, sapendo che la qualità ha un costo elevato e un ritorno bassissimo soprattutto nel breve periodo. Ma deve farlo con la consapevolezza che se non difenderà la qualità a costo di grandi sacrifici e rinunce, allora la musica presto finirà davvero. Buona Musica a tutti finchè ce la lasceranno fare.

Bentornato Giorgiosantisi.com

Non so dire se nel 2018 abbia ancora senso possedere un sito personale, ma ne ha per me.  Ne ha per due ragioni, la prima è che questo dominio mi era stato sottratto (dopo un mancato rinnovo)  da una fantomatica società orientale che usava il mio nome per vendere erbe e pillole magiche dai poteri afrodisiaci.  Ne sono stato ovviamente onorato ma mi sono sentito derubato e ho dovuto attendere due anni per riprendermi ciò che è mio, il mio nome…scusate se è poco.

L‘altra ragione è che sento il bisogno di avere un piccolo spazio che sia veramente mio e non sia invece un calderone.  Un posto dove nessuno possa contestare, segnalare o deridere i miei pensieri o cliccare “mi piace” senza neanche leggere. E spero sinceramente che questo diventi un posto dove le persone che mi stimano o che dicono di farlo, inizino seriamente a seguirmi.  Non conosco la piattaforma wordpress, pian piano ci prenderò confidenza e inserirò contenuti. Ogni suggerimento in materia è ben accetto, il sito si apre ufficialmente oggi